00 16/05/2008 09:29

Il Cardinale Bertone parla ad una TV cattolica polacca


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 16 maggio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervista concessa dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, al canale cattolico polacco TV TRWAM.

 

 

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Eminenza reverendissima, inanzitutto Le portiamo un calorosissimo saluto dalla Chiesa che è in Polonia, rappresentata in particolare dalla "famiglia di Radio Maryja". Con questa intervista, che ci viene concessa così generosamente, vorremmo farLa conoscere meglio, visto che siamo qui, nel cuore della Chiesa, in cui viene stimolata la linfa vitale che fa vivere la Chiesa, fa palpitare il suo cuore vero. Cominciando il Suo importantissimo incarico, quello del Segretario di Stato, Lei ha fatto una particolare affermazione e cioè che preferiva essere piuttosto il "Segretario di Chiesa" che il Segretario di Stato. Potrebbe spiegarci tale affermazione?


Card. Tarcisio Bertone: La definizione del mio compito, la definizione tradizionale, è di essere "Segretario di Stato di Sua Santità il Papa", non tanto di Stato Vaticano. Anche se il Vaticano è questo piccolo fazzoletto di terra che è stato ritenuto proprio come base per poter svolgere l universale missione pastorale della Chiesa e del Papa. "Il Segretario di Stato" ha una tradizione, specialmente quando c'era lo Stato Pontificio. Ancora oggi il Segretario di Stato è un po' come un Primo Ministro del governo della Chiesa universale, mentre il Papa, il Supremo Pastore, è un po' come il Presidente della Repubblica. Però, la verità è che la funzione del primo collaboratore del Papa – che quindi accompagna ed aiuta il Papa nello svolgimento del Suo ministero petrino – doveva essere più una funzione della Chiesa che dello Stato, inteso come una comunità politica. Mons. Luigi Bettazzi, già vescovo della mia diocesi d'origine, Ivrea, quando sono stato nominato mi ha fatto la seguente raccomandazione: "ricordati di essere più Segretario di Chiesa che Segretario di Stato". Senza trascurare nessun elemento tipico: i mezzi diplomatici, i mezzi della ragione e, a volte, anche della ragione pubblica, per svolgere questo compito, però la realtà è che prima di tutto io debba essere, per quanto è possibile, uomo di Dio e uomo di Chiesa. E quindi pensare alla missione spirituale e la missione universale della Chiesa.


I nostri fedeli, nella Polonia semper fidelis, La conoscono già così, perché in effetti da Segretario di Stato, come il primo collaboratore del papa e "uomo di Dio", circa un anno fa, Lei ha visitato questa nostra patria. Potrebbe dirci come Le è apparso quel Paese che il nostro compianto ed amatissimo Giovanni Paolo II chiamava "un Paese lontano" ma "sempre così vicino per via della fede"?


Card. Tarcisio Bertone: Anzitutto, io ho voluto imprimere alla mia funzione, come è naturale per tutti i collaboratori del papa, un accento soppratutto pastorale, perciò non rifiuto, non disdegno, di accettare inviti di tale carattere pastorale. Anche se, come accade e come è accaduto durante le mie visite in Polonia, ho sempre incontrato i vescovi, le comunità credenti, ma anche le autorità dello Stato. È quindi questa dupplice missione: del Segretario di Stato e Segretario di Chiesa.

La Polonia è, naturalmente, il Paese che io amo molto anche per mia ascendenza salesiana, riconoscendo tanti grandi salesiani polacchi. Proprio stamattina parlavo con un porporato del card. Hlond, di cui è in corso la causa di beatificazione. Era un grande salesiano e un grande arcivescovo di Varsavia. Da quando ero ragazzo, ho ammirato la fede invitta, la fede robusta dei polacchi durante la guerra, durante i vari regimi, sia sotto il regime nazista, sia sotto il regime comunista. E ho ammirato, ancora adesso, visitando la Polonia, le grandi manifestazioni di fede corale, di fede sentita e vissuta che diventa devozione ed anche passione personale. Ecco, queste sono alcune caratteristiche del popolo polacco, con tutti i problemi moderni e postmoderni che conosciamo e che attraversano anche la società polacca. Però, si tratta di una grande manifestazione, di una grande prova di fede e, quindi, di fedeltà alla tradizione cristiana, ricevuta dai primi evangelizzatori della Polonia, conservata sotto lo sguardo materno e la protezione potente di Maria. Ricordiamo il Sub tuum praesidium – la grande preghiera antica – che i polacchi hanno recitato, quante volte!, mettendosi sotto il presidio di Maria, soprattutto in momenti difficili... e anche guardando al santuario di Czestochowa… Quindi, ricordiamo la grande fedeltà alla tradizione di fede, la devozione a Maria e anche la generosità del servizio alla Chiesa e al servizio dei papi.


Ai nostri telespettatori, senz'altro, queste considerazioni faranno palpitare il cuore perché, certe volte, uno magari non se ne accorge neanche di vivere un patrimonio ecclesiale così bello e così ricco. Parlando di questo "sub tuum presidium", e anche abbinandolo al "Totus tuus" di Giovanni Paolo, questo ci fa pensare all'anno 2008 nel senso più ecclesiale e più europeo (e anche mondiale) perché è un anno carico di tante ricorrenze degli avvenimenti che hanno profondamente segnato questa nostra cultura europea in particolare. Mi riferisco al 150º anniversario delle apparizioni di Lourdes, che cade quest'anno. Questi eventi s'associano immediatamente a quel bisogno di guarigione che viene ricercato a Lourdes. Magari anche l'Europa e la nostra civiltà hanno bisogno di una guarigione?


Card. Tarcisio Bertone: Il 2008 è un anno straordinario, perché ricco di anniversari. Il 150º delle apparizioni di Lourdes, il 50º dell'elezione del beato Giovanni XXIII, il 30º anniversario dell'elezione di Papa Giovanni Paolo II e della morte di Paolo VI. Tutti grandi papi mariani, papi che ci hanno invitato a guardare alla Madonna come ad un modello di santità, di adesione fedele, coraggiosa, intima e pubblica alla parola di Dio, alla centralità di Dio nella nostra vita. Io credo che la prima guarigione che è necessaria per l'Europa – che già Giovanni Paolo II, ma in modo speciale papa Benedetto XVI, hanno rilevato – è questa guarigione quasi dall'alienazione da Dio, quasi dalla volontà – o da una consuetudine che è diventata abbastanza diffusa – di voler estraniare Dio dalla vita, dalla vita pubblica, ma anche dalla vita privata… È un tentativo di mettere quasi una divisione, una scissione tra la propria vita, la propria libertà di coscienza e la presenza di Dio nella nostra vita. Mentre i nostri grandi papi, in modo speciale Benedetto XVI, ci ripetono continuamente che il Dio rivelato da nostro Signore Gesù Cristo, il Dio di Gesù, il Dio di Maria, è un Dio vicino, un Dio intimo a noi, è un Dio amico, che non è concorrente, che non si contrappone ai progetti dell'uomo, ma che aiuta l'uomo a realizzare veramente e perfettamente se stesso, l'uomo come singola persona e l'uomo in comunità… Questa è una grande guarigione da implorare dalla Madonna. La Madonna, come Madre della famiglia di Nazaret, aiuti anche a guarire le famiglie di oggi, le famiglie della società europea soprattutto, ma anche tutte le famiglie del mondo, a guarire da certe forme di alienazione, soprattutto di divisione delle famiglie, direi anche dalla trascuratezza, del declino della missione educativa della famiglia. Il Santo Padre Benedetto XVI ha recentemente scritto una lettera alla diocesi di Roma sulla emergenza educativa. Io credo che questa sia una emergenza non solo di Roma o dell'Italia, ma anche della Polonia e di tutto il mondo, emergenza sulla quale dobbiamo concentrarci e impegnarci.


Benedetto XVI ha scritto un'introduzione al suo libro dell'anno scorso: L'ultima veggente di Fatima. I miei colloqui con suor Lucia. Il Papa scrisse allora che il tempo delle apparizioni di 90 anni fa era un "tempo di luce, di luce con la quale la Vergine Maria accompagna il cristiano con mano materna nelle asperità della vita". Oggi, in che cosa dovrebbe aiutarci la "luce" mariana?


Card. Tarcisio Bertone: La Madonna con il suo accompagnamento, con la sua presenza materna, guida l'umanità e guida ogni cristiano nei momenti difficili, nei momenti di confusione, nei momenti di tenebre. Oggi, io credo, oltre agli elementi che ho già citato, abbiamo la confusione nel campo morale: si tratta di non distinguere il bene dal male. C'è una parola del profeta Isaia che dice: «Guai a chi confonde il male con il bene e a chi spinge gli altri a confondere il male con il bene» (por. Iz 5,20). Quindi, il discernimento! Ecco un dono dello Spirito Santo: il dono dell'intelletto, il dono del discernimento, del distinguere il bene dal male: il bene da compiere, il male da evitare. Io credo che questa luce sia una luce da invocare dalla Madonna, da invocare per l'intercessione di Maria dallo Spirito Santo, soprattutto ai nostri tempi, sopratutto per i pastori della Chiesa, perché aiutino, con molta forza e con coraggio, in questo discernimento, sopratutto gli educatori e i genitori.


Lei ha toccato un nervo della nostra sensibilità redentorista: qui a Roma abbiamo la nostra Accademia della Morale e questo discernimento fra il bene e il male è un tema caro e proprio anche alla tradizione Alfonsiana. Parlando ancora sulla scia di questi messaggi di Lourdes e di Fatima: capiamo quanta importanza questi messaggi possano avere per l'Europa e per il mondo intero. Ma, parlando della Chiesa stessa (Lei ci già ha detto molto in proposito), qual è il ruolo della Chiesa rispetto alla nuova Europa che è nata, che sta nascendo? Quali le sfide e quali le speranze?


Card. Tarcisio Bertone: Il ruolo della Chiesa è il ruolo che le ha affidato il nostro Signore Gesù Cristo: «Andate nel mondo intero» – lo abbiamo sentito proprio nel Vangelo di San Marco di questo periodo pasquale – «e annunciate il Vangelo ad ogni creatura». Il ruolo della Chiesa è una missione di annuncio e quindi richiede il coraggio di annunciare il Vangelo in tutta la sua integralità, che abbraccia cioè "il progetto uomo" e "il progetto umanità" sulla misura del pensiero della rivelazione di Dio. È una missione difficile, soprattutto nel nostro tempo, in questo tempo di confusione che abbiamo appena descritto. È una missione difficile ma impegnativa, ancora più impegnativa nella società di oggi, quindi un aspetto importante è il rilievo pubblico che la religione deve avere nella società. La Chiesa afferma questo rilievo pubblico: la religione non può essere messa in coda, messa all'angolo, messa nel privato perché essa ha una funzione formativa. Non è certamente una imposizione, perché la religione e la Chiesa, in modo speciale – come portatrice della rivelazione dell'annuncio del Vangelo di Cristo – non ha potenza umana né i soliti mezzi umani per affermare una ideologia, ma la forza dell'annuncio della credibilità della testimonianza dei cristiani praticanti e la forza della convinzione della Verità. Il Papa ripete continuamente: "il servizio della Verità" e "l'annuncio della Verità". La Verità ha in se stessa una forza di convinzione, di penetrazione nelle coscienze, che può trasformare i cuori e può trasformare anche la vita delle società. Naturalmente, abbiamo tante sfide davanti a noi! Accenno a una di esse: la sfida della frantumazione, della divisione, delle conflittualità. In questo senso cito solo una espressione di Papa Benedetto XVI che contrappone la Pentecoste alla torre di Babele. La torre di Babele è un segno della divisione e della frantumazione dell'umanità. La Pentecoste è il segno dell'unità, perché tutti comprendono, e comprendono il medesimo messaggio! Fosse vero che tutti, anche a livello di popoli, comprendano il medesimo messaggio, il messaggio di pace e di solidarietà!


Vivendo in questo periodo pasquale questa nuova sensibilità per la cultura del Risorto, sperando sulla nuova effusione dello Spirito sull'umanità, viviamo protesi verso questa pienezza. Ma la Verità può anche suscitare resistenza, pertanto a questa bella manifestazione della risurrezione si arriva tramite la croce. Come Lei saprà, gli ascoltatori di Radio Maryja in Polonia, anche tramite il servizio di questa televisione, si riuniscono ogni giorno e più volte al giorno per pregare, amando la Chiesa e condividendo i suoi impegni. Vorremmo chiederLe di indicarci, qual è quella croce persistente, la più significativa e attuale della comunità dei credenti che vorrebbe affidarci, per portala insieme nella preghiera e nella testimonianza, affinché cresca questa evidenza del Risorto in mezzo a noi.


Card. Tarcisio Bertone: Una croce pesante da portare è proprio la croce delle divisioni nell'umanità, dei conflitti permanenti, specialmente dei conflitti locali che insanguinano tante regioni del mondo. Il Papa le ha citate proprio nel discorso di Pasqua. È una croce pesante soprattutto per chi porta il messaggio di pace. Il primo augurio di Gesù risorto è l'augurio della pace: pace all'interno della Chiesa, cioè per superare le divisioni già all'interno della Chiesa. Per questa pace preghiamo ogni giorni nella preghiera della Santa Messa. E poi: pace all'esterno, pace in campo sociale, in campo politico. È questa la croce da portare per disinnescare tutti i potenziali di divisione ed essere veramente artefici di pace: «Beati i pacifici, i costruttori di pace»!.

Un'altra croce è la sofferenza e la persecuzione dei cristiani in tante parti del mondo solo per il fatto di essere cristiani. È il problema della libertà religiosa, molte volte soffocata, che vale per i credenti di ogni religione, ma soprattutto per i cristiani. Abbiamo visto quanta sofferenza c'è qui: anche ultimamente, il sacrificio dell'arcivescovo caldeo di Mossul che ha tanto afflitto il mondo cristiano, ha afflitto il Papa… Quindi sono queste le due croci che portiamo, che affidiamo al Signore, perché dalla croce si possa passare veramente alla risurrezione, a un rinnovamento.



Siamo contentissimi, perché ascoltando il suo messaggio, chi ci seguirà, porterà avanti queste croci con sincerità, sperando e credendo fortemente che così si avvicina il Regno di Dio in mezzo a noi. Nel ringraziarLa, Eminenza, per questo suo tempo prezioso e per questi messaggi forti che ci ha voluti confidare e affidare. Lasciandoci, vorrebbe ancora dire qualcosa a tutti gli ascoltatori della grande "famiglia di Radio Maryja"?


Card. Tarcisio Bertone: Vorrei dire due parole, che sono molto care al nostro papa Benedetto XVI: amicizia e gioia. La prima parola, amicizia, è amicizia con Dio e la certezza che Dio è nostro amico che ci vuole bene, che ci accompagna, che non ci abbandona mai. Questo, naturalmente, suscita anche un'amicizia tra di noi. Essere amici, non essere nemici di nessuno, cercare di essere amici e – come diceva Giovanni Paolo II – "costruire i ponti e non muri". Questo valeva in senso politico, ma vale molto di più in senso interpersonale. E poi, la gioia. La gioia di essere cristiani, di essere membri di questa grande comunità che ci porta, che ci accompagna, che ci ha dato questo immenso patrimonio di conoscenza, di esperienza personale, di solidarietà, di carità fraterna. La gioia di essere cristiani è una gioia "irradiante" che si comunica con gli altri. Cristiano non deve essere triste, anche se porta le croci, sua croce personale, le croci degli altri, ma deve irradiare la gioia nella consapevolezza di essere "sotto lo sguardo"… Non solo sotto lo sguardo di Dio, sotto l'amore trinitario di Dio, l'amore misericordioso, divina misericordia di Dio, ma anche sotto lo sguardo (sotto il manto) di Maria.


Eminenza, Lei ci ha già dato segno di fiducia e di amicizia nel accoglierci qui, dove abbiamo potuto toccare con il proprio dito la verità della Chiesa che vive e che ama. Voglia ricevere, da parte nostra, un segno di profonda gioia per quella certezza che è veramente bello essere cristiani. Grazie per questa intervista!


Card. Tarcisio Bertone: Grazie a tutti gli ascoltatori di Radio Maryja e della TV Trwam. Mi raccomando alle preghiere, sia per il Santo Padre, che per il Segretario di Stato e di Chiesa di papa Benedetto XVI. Grazie!